ORIGINE
DEL COTECHINO
Il
cotechino è universalmente riconosciuto come il padre dello zampone.
L’idea
di sistemare il contenuto del maiale in piccoli contenitori fatti con le
budella stesse dell’animale è antichissima e ha permesso di avere
a disposizione un sistema di conservazione assai efficace. Il cotechino è
per questo considerato l’antesignano di ogni tipo di “insaccato”.
Dalla mortadella al salame.
L’idea
di utilizzare come involucro la pelle e non le budella è successiva,di
molti secoli dopo,ma questa è un’altra storia. Quella dello zampone.La
storia dello zampone è abilmente impastata con la leggenda. Come spesso
accade quando non si hanno notizie certe, la nascita dello zampone
viene concordemente fatta risalire al 1511, Anno del Signore.
Lo
afferma, tra gli altri, il grande mutinologo (studioso di Mutina; il nome
romano di Modena) Marco Cesare Nannini. In quel tempo le truppe di Papa
Giulio II Della Rovere assediano Mirandola, presso Modena: la patria di
Giovanni Pico della Medesima (per non ripetere: della Mirandola), alleata
fedele della Francia.
Vero
la fine dell’assedio i mirandolesi ormai erano alla frutta. Anzi
gli sarebbe piaciuto esserlo, visto che ormai erano alla fame.
Restavano loro soltanto dei maiali. Non macellarli era un peccato:
significava regalarli al nemico, ormai prossimo ad entrare in città.
Macellarli? Peggio: una volta ucciso, il maiale andava consumato subito. E
nonostante la fame blu che avevano, non ce l’avrebbero fatta a
mangiarseli tutti. Che fare?
L’idea
giusta non venne al famoso Pico, nonostante fosse chiamato “la Fenice
degli Ingegni”: venne a un suo cuoco, meno colto, ma più sveglio.
“Macelliamo gli animali, e infiliamo la carne più magra in un involucro
formato dalla pelle delle sue zampe”, disse costui. “Così non
marcirà, e la potremo conservare. Per cuocerla più avanti”.
Troppo
avanti le cose, in verità, non sarebbero andate: il 20 gennaio del 1511 i
mirandolesi capitolarono, e probabilmente il capostipite dello zampone
(perché questo aveva inventato l’anonimo cuoco di Pico della Mirandola)
se lo mangiarono in gran parte i papalini.
Mentre
sull’involucro dello zampone, così come sulla sua storia, non ci sono
dubbi (il sacco è sempre stato costituito dalla pelle della zampa
anteriore del maiale), la ricetta dell’impasto ha subito nel tempo
parecchie modifiche.
Nel
1667 il bolognese Vincenzo Tanara, nel suo “Economia del cittadino in
villa”, si occupa a lungo “del porco e delle 110 maniere di
farne vivande”.
Nel
1841 Vincenzo Agnoletti, cuoco romano al servizio di Maria Luigia,
granduchessa di Parma, sentenzia che “…l’impasto deve essere per
metà di cotenna e per metà di nervetti e carne magra”. Al Tanara si
deve la sistematizzazione pressoché definitiva dello zampone: ne “La
nuovissima cucina economica” compaiono per la prima volta gli
“Zampetti alla modenese”. Destinati a diventare zamponi con
l’aumento delle dimensione dei maiali.
Oggi
(ma domani le cose potrebbero cambiare) l’impasto prevede il 60% di
carni magre fresche selezionate (polpa di spalla, gamba, collo e geretto),
il 20% di cotenna tenera e il 20% di gola, guanciale e pancetta.
Tutto ovviamente dopo depilazione ed accurate operazioni di
pulizia.
Le
spezie e gli aromi da aggiungere all’impasto sono un segreto:
ciascun fabbricante ha la sua propria miscela, che non rivelerebbe nemmeno
sotto tortura. A mo’ di orientamento, ecco cosa recita un lunario
modenese del 1866: “aromi polverizzati, canella regina, macis, pepe
garofanato, noce moscata, pepe forte franto”.
Lo
zampone è un insaccato di puro suino. Il terrmine “insaccato”,
participio passato del verbo insaccare, allude all’esistenza di un
sacco, e di qualcosa che ci viene infilato dentro. Il sacco è la pelle
dell’arto anteriore del maiale, vale a dire della zampa davanti.
Quello
che viene infilato nella pelle della zampa suina è in definitiva,un
impasto di carne magra di maiale, così composto: 35% di muscoli di
spalla, estensori e flessori della gamba, 30% di cotenna macinata e 30% di
parti carnose e ghiandolari del guanciale. A tutto questo vengono aggiunti
sali, aromi e spezie varie (noce moscata, cannella, ecc.).
Le
proteine ammontano al 22%, i grassi al 30%.
Il
cotechino è un insaccato di maiale identico allo zampone per il
contenuto, ma differente per il contenitore: nel caso del cotechino il
“sacco” è costituito infatti da budello di maiale.
Il
cotechino molto più antico dello zampone,è nato come insaccato povero:
veniva consumato abitualmente col minestrone e con la zuppa di legumi.
Il
cotechino lo facevano, ovviamente a mano, i “lardaroli e salsicciari”
modenesi, gli ex “beccai”, che si riunirono in corporazione autonoma
solo a partire dal 1547: Ma è di circa duecento anni dopo: del 1745
(curiosamente, una “data anagrammatica” rispetto alla precedente) la
prima citazione ufficiale del cotechino: in un “calmiere” ne viene
indicato il prezzo, e la prima ricetta compare l’anno successivo.
Praticamente l’altro ieri, se si pensa che la prima raffigurazione di un
salame è stata trovata a Tebe nella tomba di Ramsete II, e risale al 1166
a.C.
La
vera nobiltà culinaria il cotechino l’acquisisce però soltanto
all’inizio del secolo scorso: nel 1910 il grande Pellegrino Artusi
dedica al “Cotechino Fasciato” la ricetta n. 322 del suo famosissimo
“La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, arrivato in meno di
vent’anni a ben 13 edizioni.
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